È di qualche giorno fa la sentenza di primo grado arrivata a carico di 4 compagni per i fatti del 16 Dicembre 2013. Quel giorno un folto corteo di studenti aveva tentato di raggiungere il Pirellone dove quella mattina il Consiglio Regionale stava approvando uno dei più barbari tagli al diritto allo studio che la nostra regione abbia mai visto. Arrivati in piazza Duca d’Aosta il corteo viene però immediatamente fermato da due cordoni di polizia, che dopo aver tagliato le spalle al corteo, posizionandosi sui due lati della piazza, hanno violentemente caricato gli studenti, impedendogli di raggiungere il proprio obiettivo. Alcuni studenti sono riusciti tuttavia ad entrare ugualmente in consiglio regionale, che nonostante sia stato temporaneamente sospeso, ha successivamente approvato ugualmente il taglio del sostegno al reddito (quota della dote scuola a sostegno degli studenti di scuole pubbliche) dai già miseri 18 mln precedenti a 6 mln di euro per tutta la regione, che si schiantavano a fronte dei 27 mln stanziati a sostegno degli studenti di scuole private.
A distanza di due anni arriva in questi giorni la sentenza per i quattro studenti denunciati per quella mattinata, di cui uno tuttora militante della Rete della Conoscenza. La reazione delle forze repressive è durissima: per loro, tre su quattro tra l’altro incensurati, condanne dagli otto ai dodici mesi di reclusione, senza sospensione della pena. La motivazione? Alle cariche della polizia gli studenti si erano difesi con degli scudi in plexiglass. E per il tribunale di Milano questo è sufficiente per incriminare degli studenti, dei ragazzi, al massimo della pena per resistenza a pubblico ufficiale. In Italia, in Lombardia, a Milano, difendersi dai pestaggi della polizia è resistenza a pubblico ufficiale. La traduzione è “se la polizia decide di caricarti, fai il favore di stare fermo e di prenderti le manganellate, possibilmente in silenzio”. Una condanna pesante, a carico di studenti senza precedenti penali, giovani, per i quali una sentenza di questo tipo può significare realmente uno stravolgimento nella propria vita.
Riteniamo inaccettabili simili provvedimenti: non è la prima volta che in regione assistiamo ad un utilizzo improprio di mezzi a disposizione della legge e questo null’altro è se non un reale e proprio attacco al movimento, uno strumento intimidatorio, per far comprendere alla cittadinanza che chi lotta per i servizi pubblici non è ben accetto. Ma non ci faremo intimorire, massima solidarietà e vicinanza ai compagni condannati, avete tutto il nostro pieno sostegno di fronte a questi provvedimenti, la cui natura repressiva ormai si manifesta sin troppo in tutta la regione. In quella piazza c’eravamo tutti!