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Como, Primo Settembre, Giorno Zero #refugeeswelcome

Il giorno che tutti abbiamo aspettato con timore è, alla fine, arrivato. Oggi è il primo di settembre, oggi terminano i servizi: le docce, messe a disposizione dal Collegio Gallio nell’ultimo mese, oggi chiudono, la scuola riapre. Dei tre punti mensa a disposizione rimarrà attiva solo la mensa di Sant’Eusebio. Oggi è il primo giorno di una nuova fase.

Tutti aspettavano questo giorno, tutti guardavano con spavento l’arrivo di settembre. L’inizio delle scuole, la fine delle ferie lavorative, l’interruzione dei servizi e l’avvicinarsi della data di apertura del campo “istituzionale”. Comincia una nuova fase, molto più complessa, siamo ormai usciti dalla fase dell’emergenza stretta, quella più immediata, oggi il materiale non manca più, fino ad ora i servizi hanno funzionato a dovere. Sono giorni pregni di incertezza, tanti gli interrogativi, poche le risposte, la confusione è completa, dentro e fuori dal campo, nessuno è in grado di fornire spiegazioni esaurienti della situazione, l’impressione è che effettivamente nessuno abbia un quadro completo, nemmeno le istituzioni.

Sono passati ormai quasi due mesi dall’inizio dell’emergenza, abbiamo notato più volte come il flusso e la presenza di migranti in stazione sia estremamente variabile: poco meno di due mesi fa i volontari della rete Como senza Frontiere raggiungevano per la prima volta la stazione San Giovanni, rispondendo alla voce che si era sparsa nei giorni precedenti secondo cui un gruppo di una decina di migranti fosse bloccato al confine. Allora erano per lo più ragazzi giovani, la maggior parte dei quali eritrei. Oggi il quadro è stravolto, ormai è impossibile quantificare di giorno in giorno quanti siano gli arrivi e quante le partenze, il gruppo etnico ormai è estremamente variegato, etiopi ed eritrei sono ancora la maggioranza nel campo, ma grande è anche la presenza di nigeriani, senegalesi e altri piccoli gruppi provenienti dall’Africa occidentale, grande è oggi la presenza di donne e bambini. La situazione igienico-sanitaria precipita velocemente, solo ieri alcuni ragazzi dell’Unione degli Studenti, nella periodica pulizia del campo, si sono trovati a dover raccogliere coperte fradice e montagne di pannolini ammassati intorno agli alberi.

Che Como San Giovanni non possa essere una soluzione permanente è evidente a tutti: il campo, di per se male attrezzato, è posto ai piedi della collina su cui si trova la stazione, l’arrivo delle piogge anche in condizioni normali allaga il parco antistante, dopo un mese di rifiuti e tombini intasati, il primo acquazzone trasformerà l’intera zona in un’enorme palude. Ma non solo, oltre agli evidenti problemi che possono portare fisicamente ad una persona il dormire per terra, su coperte fradice, in mezzo ai topi, l’unica notizia assolutamente certa che ad oggi proviene dalla prefettura è che, in ogni caso, quando arriverà la “soluzione istituzionale” nessuno “potrà più” rimanere a dormire in stazione. Non sappiamo in cosa ciò si voglia concretizzare, ma tutti sappiamo cosa vuol dire.

Alcuni pullman della ditta Rampini utilizzati per deportare i migranti al confine Svizzero

I trenta ragazzi che abbiamo trovato la sera di quel 13 Luglio bloccati alla stazione San Giovanni oggi sono diventati 600, o almeno, così sembrava. Fino a pochi giorni fa i volontari dei tre punti mensa distribuivano ad un ritmo impressionante oltre 550 pasti ogni sera, ormai da più di tre settimane, ma d’un tratto negli ultimi giorni qualcosa sembra essere cambiato: il numero di migranti presenti al campo sembra improvvisamente essersi più che dimezzato, qualcuno afferma addirittura che ieri sera le mense abbiano distribuito poco più di 170 pasti. Sicuramente non siamo tornati a numeri così bassi, ma obbiettivamente oggi abbiamo a che fare con numeri estremamente diversi. Ed è curioso. È estremamente curioso che esattamente quando la prefettura dichiara che il limite massimo di ospiti a cui il campo istituzionale potrà dare un tetto sopra la testa è di 300 unità, il numero di migranti presenti al confine improvvisamente si stabilizzi intorno a questa cifra. Altrettanto curioso che proprio in questo periodo le deportazioni dalla frontiera si siano intensificate.

Solamente ieri sono partiti tre pullman dalla dogana Svizzera, ciascuno con almeno 25 migranti a bordo. Non è nuovo sentire di questa pratica, da oltre un mese l’azienda di trasporti Rampini offre questo impareggiabile servizio di “trasporto pacchi”. Ciò che è cambiato è il modus operandi: si sentono molte voci al campo, escono molti articoli, l’unica cosa certa è che dopo due mesi in cui il governo e l’opinione pubblica ticinese si sono apertamente lavati le mani del problema scaricandolo su Como, qualcosa sembra cambiare. Segno di questo è la sempre maggiore presenza di giornalisti Svizzeri al campo, si avverte distintamente che qualcosa si sta smuovendo. In negativo e in positivo, sembra che si stia alzando la tensione oltre confine, ormai la confederazione elvetica sembra avere addosso gli occhi un po’ di tutti: si parla di violazione dei diritti umani, di respingimenti illegittimi, di violazioni della Convenzione di Ginevra. Da qualche settimana Amnesty International e l’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) intervengono personalmente all’interno del campo, monitorano la situazione da entrambe le sponde della frontiera, raccolgono testimonianze. Ad oggi la Svizzera è accusata di violare le norme internazionali in merito alle richieste d’asilo, trattando minori, ragazze e donne incinta indiscriminatamente come tutti gli altri, respingendo in massa chi arriva senza dargli la possibilità di richiedere asilo.

Ma altrettanto deve essere cambiato l’approccio delle forze dell’ordine di frontiera: nelle scorse settimane eravamo riusciti a raccogliere la testimonianza di un ragazzo, Karim, che ci ha raccontato esattamente come viene trattato un minorenne fermato a Chiasso. In tanti altri ci hanno raccontato storie simili nel frattempo, tutti ci raccontano che nonostante tu sia minorenne, in Svizzera vieni registrato maggiorenne e trattato come se fossi maggiorenne. Ma c’è di più, oggi diventa difficile anche capire con quale criterio siano applicati i respingimenti, solo ieri un altro ragazzo ci spiegava che si è trovato lì, bloccato in stazione, perché nel tentativo di varcare il confine con due suoi compagni di viaggio, la polizia ha volutamente ed esplicitamente bloccato lui e lasciato passare gli altri due.

Nel frattempo si avvicina il 15 settembre, data in cui dovrebbe aprire il campo istituzionale, ma ad oggi nessuno sembra avere notizie certe in merito. Che tipo di campo sarà? Il modello è quello di Ventimiglia? Vuole diventare un Hotspot? Da chi sarà gestito? Domande a cui nessuno risponde, viviamo sospesi fra dichiarazioni e smentite, piccole estrapolazioni da discorsi astratti. Ciò che ci è stato detto nelle ultime settimane è che all’interno del campo non sarà fatta alcun tipo di identificazione e che i volontari saranno coinvolti nella gestione del campo. Ma altrettanto due settimane fa le dichiarazioni specificavano che il fine del campo era “avviare i migranti all’interno del percorso dell’accoglienza legale”, dichiarazioni che oggi sembrano essere smentite.

Giorno per giorno la situazione diventa sempre più insostenibile, la tensione sale al campo, oltre confine, fra i volontari. Le istituzioni latitano, se non per proporre “soluzioni contentino” finalizzate più a nascondere il problema in vista delle prossime elezioni che a risolverlo. Ancora una volta ribadiamo che Como è una città di frontiera e, in quanto tale, non può che ospitare migranti che una scelta l’hanno già fatta e in Italia non vogliono rimanere. Siamo una città di passaggio, immaginare soluzioni dove i migranti sono obbligati a richiedere asilo o comunque a rimanere da questa parte del confine limiterebbe in modo inaccettabile la libertà di tutti i viaggiatori in transito.

Ancora una volta ribadiamo il diritto fondamentale di ogni essere umano a muoversi liberamente per il mondo.
Ancora una volta ribadiamo che la vita di nessuno può dipendere dalle oscillazioni dell’opinione pubblica.
Ancora una volta ribadiamo che l’unica soluzione è e dev’essere abbattere le criminali politiche europee sull’immigrazione.
Ancora una volta ribadiamo che l’unica soluzione possibile è aprire le frontiere.

Open the Borders.

Unione degli Studenti Como

[Foto di Ecoinformazioni]