Dallo spezzone studentesco milanese: “RivoltaMi ancora!” al primo Brianza pride “Vieni come sei!”
I soggetti in formazione hanno un enorme potenziale sovversivo e pensiamo che il Pride debba essere il momento di massima sovversione degli stereotipi e delle norme sociali che attualmente regolano i rapporti tra le persone, acquisendo, come il primo Pride, la capacità di mettere in discussione la realtà e rivendicare con irriverenza una società diversa.
Cinquant’anni fa avvenivano i Moti di Stonewall, dove travestite, omosessuali e trans si ribellarono – lanciando tacchi, bottiglie e mattoni – alle percosse della polizia che in nome del decoro malmenavano e arrestavano chiunque non si dichiarasse etero e cis. In questo 50esimo anniversario dei Moti di Stonewall vogliamo proporre un modello di Pride autentico, sovversivo e pienamente politico e rivendicativo. Nello spirito di Sylvia e Marsha vogliamo un Pride autofinanziato, costruito dal basso, che rivendichi diritti umani, civili e sociali per tutt*!
1. Al Pride manifestiamo l’orgoglio per le libertà di chiunque di essere e amare, eterosessuali cisgender compresi. Tutte le lettere della sigla LGBTQIA+ hanno la stessa dignità nel nostro spezzone, tutte le identità e orientamenti sono libere di poter rivendicare le proprie istanze. In particolare vogliamo che le soggettività Trans*, Bisessuali, Intersessuali, Asessuali e Queer abbiano piena visibilità; troppo spesso il Pride parla, e ha parlato, solo di maschi omosessuali: vogliamo che tutte le identità e gli orientamenti possano parlare e possano mostrarsi al mondo.
2. Denunciamo la cancellazione e la discriminazione di parti della nostra comunità che vengono rese invisibili dalla mancata rappresentazione all’interno del movimento, quali, ad esempio, le soggettività asessuali, bisessuali, trans*, non-binary, intersessuali e queer.
Pretendiamo una legge che tuteli il diritto all’autodeterminazione delle persone transgender, che superi l’obbligo di medicalizzazione per il riconoscimento del diritto alla propria identità. In tutti gli Atenei questo si deve coniugare nella completa accessibilità dei documenti universitari (“carriera alias” o, più comunemente, “doppio libretto”) che rispecchino l’identità di genere.
Denunciamo e condanniamo le ripetute violazioni dei diritti umani perpetrate nei confronti delle persone intersex, che subiscono mutilazioni genitali e medicalizzazione al solo scopo di imporre loro il binarismo del sesso.
Pretendiamo il riconoscimento sociale e legale delle identità non binarie e la cessazione dell’imposizione del genere alla nascita.
3. Non ci sono regole per partecipare al Pride, se non quella di rifiutare qualunque forma di esclusione, discriminazione o sfruttamento, così come qualsiasi categorizzazione o stereotipo imposti. Per questo il nostro spezzone è libero anche da sessismo e razzismo, oltre che, naturalmente, da omobitransfobia, per poter costruire insieme un’alleanza tra corpi meticci e liberi.
Chiunque deve partecipare al Pride per come è e come vuole: rifiutiamo però il Pride in “giacca e cravatta” obbligato, imposto da una mentalità pudica che rimuove il potenziale sovversivo dei nostri corpi e di come ci esprimiamo attraverso di essi.
4. Ripudiamo le norme di decoro che accusano il Pride di carnevalata, essendo proprio in nome del decoro che leggi come il decreto Minniti-Orlando permettono episodi gravi come l’arresto delle due donne trans a Napoli, gli innumerevoli interventi repressivi contro i migranti e le misure “antidegrado” contro i senzatetto. Inoltre vogliamo ricordare che il primo Pride è nato da scontri con le forze dell’ordine, una rivolta che nulla aveva a che fare con il decoro, l’ordine pubblico e la sicurezza intesa come repressione da parte della polizia. A rendere il nostro spezzone uno spazio sicuro sono i nostri corpi e il rifiuto di ogni forma di prevaricazione.
5. Riteniamo che l’omobitransfobia si combatta con la Conoscenza, per questo vogliamo abbattere ogni forma di tabù sul sesso nei luoghi della formazione, inserendo finalmente nelle scuole un’educazione sessuale non etero-cisnormata che educhi al piacere libero e consapevole.
6. Rivendichiamo eguali diritti civili per chiunque, a prescindere dall’orientamento sessuale e dall’identità.
Pensiamo però che non si possano scindere i diritti civili dai diritti sociali, visto che la precarietà lavorativa, la povertà e lo sfruttamento sono condizioni che determinano, per chi è esposto a discriminazioni, una qualità di vita ancora più misera. Per questo, rivendichiamo anche un sistema di welfare universale, a cui possano accedere tutt* e che riconosca tutte le forme di famiglie. Inoltre riteniamo che un modello di welfare universale debba comprendere misure che permettano di poter decidere sulle nostre vite e sui nostri corpi senza alcun vincolo economico, garantendo cioè l’accesso gratuito ai farmaci ormonali e a tutti gli altri step che fanno parte del percorso di transizione di genere, ai dispositivi per la gestione del ciclo mestruale e ai contraccettivi. Allo stesso modo vogliamo dire chiaramente che non parlano a nostro nome aziende e imprese che si dicono “gay friendly” e che però non tutelano o che, ancora peggio, sfruttano i propri lavoratori.
7. I nostri spezzoni sono intersezionali. Riconosciamo la stretta connessione che unisce tutte le forme di oppressione e dichiariamo, perciò, la nostra lotta transfemminista e intersezionale.
Denunciamo ogni tipo di sfruttamento ambientale, tutte le disparità sociali che ne derivano e la strumentalizzazione della lotta ambientalista e antispecista, le politiche scellerate messe in atto da questo governo volte a stigmatizzare un dramma umanitario, quale quello dei rifugiati, a criminalizzare la condizione migrante e a ripresentare valori neofascisti, “bianchisti” e sovranisti.
Condanniamo l’orrore della legge Bossi-Fini che traduce il concetto di clandestinità in illegalità e non tutela alcun diritto e pretendiamo che emerga una politica internazionale in grado di contrastare le atrocità che hanno luogo nei lager libici e chiediamo la chiusura dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio, luoghi nei quali si calpesta ogni sorta di diritto umano.
Pretendiamo il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli individui.
8. Non permetteremo che le nostre battaglie vengano strumentalizzate da chi vuole guadagnarci in termini politici o economici senza la minima intenzione di appoggiarle davvero (fenomeno che prende il nome di Pinkwashing). Nonostante sia chiaro che la legge Cirinnà è stata solo un primo passo non bastevole, per quanto importante, abbiamo visto sparire dai programmi elettorali dei maggiori partiti le rivendicazioni dei soggetti LGBTQIA+: per questo il Pride non può essere una passerella elettorale né tanto meno un momento in cui basti essere uno sponsor (facendosi pubblicità) per dirsi sostenitori delle nostre battaglie.
9. Per noi, tutti i corpi hanno la libertà di esprimersi come vogliono al Pride senza doversi attenere ad alcuna forma di stereotipi o canoni di bellezza. Rifiutiamo ogni forma di censura, ad esempio sui corpi non perfetti o sui capezzoli femminili. Per questo, nel nostro spezzone, nessun* deve sentirsi a disagio rispetto al proprio corpo e a come esprime la sua libertà attraverso di esso, proprio perché rivendichiamo di poter autodeterminare le nostre vite: vogliamo quindi un accesso libero, gratuito e garantito all’interruzione volontaria di gravidanza per tutte le donne, affinché la genitorialità possa essere una scelta a tutti gli effetti.
10. I nostri spezzoni è antifascista e rifiutano ogni forma di estremismo religioso. Troppo spesso forze di questo stampo condizionano in maniera discriminatoria spazi come scuole e ospedali, oltre a perpetrare aggressioni squadriste anche nei confronti dei soggetti LGBT+.