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Marcia itinerante del 30 maggio 2010

Geniali diciottenni milanesi (ovvero: che vi siete persi!)/ Nando Dalla Chiesa
Scritto da Nando dalla Chiesa www.nandodallachiesa.it
Tuesday 01 June 2010

Pazza idea per una domenica diversa, sul Fatto Quotidiano di oggi (purtroppo non sono riuscito a fare pubblicare le foto, cercherò di rimediare sul Blog). Un’idea così poteva venire solo a dei diciottenni svitati e geniali. Un mafia tour per Milano, in una domenica pomeriggio di sole, nel grande ponte del 2 giugno, senza avvertire i giornali. Per divertirsi e denunciare in pubblico. In venti, con quattro biciclette e qualche macchina fotografica o telecamera al seguito. Ogni tanto interrompendo il cammino, mettendosi a cerchio ad ascoltare uno o una di loro che prende il ruolo del cantastorie e spiega ad alta voce in che luogo ci si trova. Sono i ragazzi che stanno crescendo nel nuovo clima milanese, i più attivi su questo fronte liceale. Perché le associazioni giovanili che fanno politica a queste cose non ci pensano mai, la mafia la mettono in fondo ai loro pistolotti, a mo’ di riempitivo, dice Jacopo (mail “compagnojacopo”) del Manzoni, uno dei più agguerriti, con tanto di libri e dossier nello zaino. Si parte da piazza Diaz, cuore di Milano, dove sta l’hotel Plaza, oggetto della prima grande inchiesta sui colletti bianchi, l’operazione San Valentino del 1983. Prende la parola Costanza del Berchet e snocciola i nomi delle discoteche del centro dove si spaccia, si vede che loro lo sanno, l’osservatore adulto non le ha mai nemmeno sentite nominare. Due ragazze (le ragazze sono la maggioranza) distribuiscono degli occhiali di cartone fatti a mano da loro, come a dire “se non avete ancora visto la mafia mettetevi questi”. Poi tutti in cammino con quegli occhiali surreali e la gente che inizia a voltarsi, a cercare di capire. Si va verso via Chiaravalle e via Albricci, via Larga, la Statale. I luoghi di Joe Adonis ma soprattutto quelli in cui aveva i suoi uffici il finanziere Rapisarda, sodale di Dell’Utri. In quel fazzoletto di città, per incontrare il finanziere, giungevano gli uomini della Cupola, mica gli emissari, a portare i soldi da investire a Milano. Si procede mentre le ragazze, battendo le mani, cantano a squarciagola i “Cento passi”, la bella canzone dei Modena City Ramblers, ormai simbolo della più giovane generazione antimafiosa. Il percorso lo ha studiato Martina, una studentessa del “Virgilio” dalla borsa coloratissima. Si arriva a Porta Romana. Da qui inizia la zona sud-est di Milano, una delle più frequentate da Cosa Nostra e dalla ‘ndrangheta. Intorno a un semaforo spunta la prima performance di Margherita, Ottavia e Matilde, gruppo teatrale del Berchet. Recita di un brano del Padrino, quello sui mafiosi che poi non sono tanto diversi da ministri e senatori. Poi si riprende verso piazzale Lodi. Qui vicino, in via Ripamonti, se ne stava Liggio indisturbato latitante. Più si cammina e più questa pazza idea domenicale appare fantastica. Milano, in effetti, non si è mai visitata così. La si potrebbe rigirare come un calzino, la sua mappa. Ora il gruppo teatrale recita il celebre brano di Peppino Impastato sotto la casa di don Tano Badalamenti. Quando Margherita inizia a urlare con tutto il fiato “mio padre è un leccaculo” i passanti si fermano allibiti. Quando grida “ammettiamolo una volta per tutte, diciamolo che noi siciliani la mafia la vogliamo”, i più giovani capiscono e si fermano, qualche coppia anziana pensa forse che si tratti di uno spettacolo leghista.
Poi altra sosta a cerchio davanti a corso Lodi 59, luogo di incontro di imprenditori mafiosi, ‘ndranghetisti e camorristi, beni confiscati un anno fa proprio lì. Martina tira fuori dei bavagli, fatti pure loro a mano, per dire che quando comandano i boss non si può parlare; segue immancabile accenno alla legge. Tra occhiali di cartone e bavagli alla bocca ormai è difficile non notare il minuscolo corteo. Giulio del Leonardo pedalando in bici è il più visibile. E’ la zona dei recenti arresti proclamati con baldanza dal Cavaliere, forse all’oscuro che l’operazione aveva riportato sotto i riflettori anche i familiari (le figlie) di Vittorio Mangano. Chilometri sotto il sole fino al parco Alessandrini e Paola dell’Hajech e Martina srotolano dei cartelloni sulla mafia con la mappa dei clan a Milano. Li spiega Jacopo mentre gruppetti di immigrati si accalcano a sentire. E a tanti milanesi che passano sembra strana, un po’ balorda, una manifestazione così, sulla mafia nella loro città.Chiusura davanti all’Ortomercato, da decenni indicato come luogo delle cosche: droga, armi e discoteca lì davanti. Ora si distribuisce a tutti una molletta per il naso, per dire che la mafia puzza. Lungo elenco dei misfatti su cui indaga la magistratura, le famiglie calabresi ma non solo. Passa lenta un’auto rossa con due giovani e robusti ceffi: “viva la mafia” urlano dai finestrini. Già, perché la mafia c’è davvero e non ha paura di manifestarsi. Ci volevano dei diciottenni per darle fastidio in casa in una domenica di sole. Svitati e geniali. O forse solo geniali.