Abbiamo occupato l’Ex Provveditorato. Un palazzo enorme, come le potenzialità della scuole. E vuoto, come il nostro futuro.
Occupando via Ripamonti 42 con le ragioni degli studenti e della scuola pubblica, vogliamo dire che non siamo disposti a consegnare il nostro futuro in mano ad altri, non restiamo a guardare la distruzione delle nostre scuole senza far nulla. Una voce suadente cerca di irretirci nella logica della meritocrazia. Noi sappiamo che dietro a questa parola si cela un individualismo liberista generatore di alienazione e precarietà nello studio e nel lavoro.Dividi ed impera, non è una strategia soltanto militare, ma anche e soprattutto una tecnica di controllo sociale.
Noi studenti sappiamo di essere soggetti in formazione, e vogliamo poter decidere il nostro percorso formativo, così come vogliamo poter progettare il nostro futuro. Vogliamo democrazia nei luoghi della formazione: scuole realmente pubbliche, non sostenute dai contributi di aziende o famiglie; e, allo stesso modo, università pubbliche, e soprattutto democratiche, in cui la formazione degli studenti valga più degli interessi dei privati in Consiglio d’Amministrazione.
Se l’abbandono e la dispersione scolastica aumentano è perché la scuola non è messa in condizione di rispondere alla crisi: da una parte perché saperi nozionistici, test Invalsi, autoritarismo di presidi e ministero, ed edifici insicuri, rendono la scuola lontana dagli studenti; dall’altra è sempre più frequente che le famiglie più colpite dalla crisi scelgano di rinunciare alla formazione per i costi troppo alti. E qua in Lombardia l’ingiustizia è evidente: il diritto allo studio viene annullato quasi totalmente grazie a una legge regionale ingiusta che assegna i fondi per un “Buono Scuola” che serve soltanto a finanziare le scuole private, aggirando con un cavillo la norma costituzionale.
L’accesso ai saperi è limitato anche a livello universitario. Siamo in una fase di inversione rispetto a quella tendenza che, a partire dagli anni 60, aveva aperto le università italiane a tutte le classi sociali, rendendole di fatto lo strumento per eccellenza di emancipazione e realizzazione personale. Il numero chiuso, ormai introdotto per il 50% delle facoltà, è solo l’emblema di un disegno preciso e costruito dalle politiche degli ultimi vent’anni: restringere sempre di più gli spazi dedicati all’istruzione, limitarli a un’élite ristretta e confinare chi non riesce ad accedervi in un limbo di precariato e di manodopera a basso costo. La copertura delle borse di studio ferma al 70%, gli alloggi insufficienti a rispondere a tutte le richieste, l’aumento delle tasse regionali, sono le linee guida di questo disegno. Gli studenti idonei non beneficiari, quelli fuorisede, e coloro che non hanno a loro sostegno un welfare familiare (l’ultima forma di welfare cui poter fare affidamento), non hanno altra scelta che lasciare gli studi. Agli attacchi diretti si aggiunge il costo complessivo della vita nelle città universitarie e l’assenza di adeguate agevolazioni per trasporti e affitti.
La scuola e l’università sono solo una parte del cambiamento necessario. Sono il nostro presente. Noi lottiamo per il nostro futuro. E per una società giusta.
Per questo contrastiamo tanto la legge Aprea, quanto la Spending Review e la legge di Stabilità.
La nostra scuola è precaria. Aspettiamo un lavoro precario, nell’attesa di un futuro precario. Non è un attacco ai giovani: è un attacco del Potere a chi non lo ha; di chi vuole conservare i propri privilegi a scapito dei diritti di tutti; è l’attacco del potere finanziario che vuole accrescere le proprie dimensioni. La diseguaglianza globale e la speculazione che hanno portato alla crisi non vengono minimamente rimosse; al contrario si invocano politiche di austerità necessarie solo per cancellare gli ultimi brandelli di stato sociale ancora esistente.
Noi, come gli studenti di Atene, di Madrid, di Lisbona sappiamo che il cambiamento è possibile e necessario solo se si liberano la conoscenza e la formazione dai profitti; se si ripubblicizzano i saperi, la scuola, l’università; se si garantisce il diritto allo studio e il diritto al lavoro, se si ricostruisce un nuovo sistema di welfare. Per uscire dal ricatto continuo della precarietà occorre un reddito di cittadinanza e di formazione capace di garantire indipendenza e libertà.
È per questo che scenderemo in piazza il 14 novembre, in occasione dello sciopero generale in Italia, Spagna, Portogallo, Grecia contro le politiche di austerity dell’Unione Europea, contro un’Europa senza democrazia e governata dalle banche. Scenderemo in piazza, invece, per costruire un’Europa dei popoli, inclusiva, giusta e che metta al centro i saperi e il futuro delle persone.
È per questo che ci mobiliteremo in tutte le scuole e facoltà di Milano e provincia dal 14 fino al 17 novembre, Giornata Internazionale degli Studenti:
GLI STUDENTI SONO QUI.
In un Ex Provveditorato, nelle scuole, nelle piazze!
26-27 ottobre 2012
26-27 ottobre 2012