La crisi economica degli ultimi anni ci consegna un Paese impoverito dalle politiche di austerity del Governo Renzi. Dai tagli a scuola università e ricerca, all’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, abbiamo visto una progressiva riduzione della spesa pubblica in Welfare e politiche sociali. Questo processo, assieme ad una retorica del “sacrificio” è stato funzionale alla trasformazione di interi “settori” della società, diventando apripista rispetto ad un progressivo attacco ai diritti e alla democrazia.
Le riforme volute dal Governo Renzi, infatti, si inseriscono in un quadro di continuità rispetto ai governi precedenti: passando per il Jobs Act che ha precarizzato ulteriormente il mondo del lavoro nel nome della “flessibilità” sottraendo diritti ai lavoratori, arrivando allo Sblocca Italia con l’espropriazione dei territori venduti a multinazionali straniere che inquinano i nostri mari e sfruttano il sottosuolo. A segnare il culmine di questa degenerazione antidemocratica è stato, poi, l’iter di approvazione della Legge 107, meglio conosciuta come “Buona Scuola”, che ha palesato la totale sordità del Governo nei confronti della volontà di migliaia di persone, tra cui docenti, studenti e lavoratori del mondo della scuola. E’ in quest’ottica che si pone il Referendum Costituzionale, che con un accentramento del potere decisionale nelle mani dell’esecutivo, una complicazione del processo legislativo ed una confusione di passaggi tra le due camere, in caso di vittoria del Sì nella chiamata alle urne di fine Novembre, renderebbe strutturale la cessione di sovranità dal popolo a chi governa.
Questa privazione di potere decisionale, però, non è affatto una novità. Ce ne rendiamo conto quotidianamente quando, a partire dalle nostre scuole fino ad arrivare al piano nazionale, ci vediamo negare ogni forma di partecipazione alle decisioni di chi governa. A fronte della sordità del Governo verso i cittadini, è necessario affermare ancora più forte le nostre posizioni e le nostre idee per dire che, se da un lato veniamo ascoltati sempre di meno, dall’altro abbiamo sempre più bisogno di cambiare lo stato attuale delle cose.
“Buona Scuola”? Bocciata! I limiti della legge a un anno dall’attuazione
Ad un anno dell’approvazione della Buona Scuola è opportuno fare un bilancio generale di come questa legge sia riuscita a modificare le nostre scuole: lo school bonus, la possibilità da parte dei privati di finanziare le scuole, ha reso di fatto la scuola un’impresa che si è trovata a doversi immettere nel mercato per attirare a se i finanziamenti perdendo il suo carattere pubblico, si cementifica un sistema che alimenta una classifica di scuole di serie A e scuole di serie B. Il comitato di valutazione e la creazione dello staff del dirigente ha creato una classifica sia dei soggetti che animano la scuola che delle scuole stesse, andando a denaturare il fine stesso dell’istruzione, in un clima competitivo. L’autonomia, svilita del suo significato originario, è diventata solo uno strumento per centralizzare il potere in mano ad una sola persona, il preside manager che deve “gestire” gli affari interni della sua “piccola azienda”. Questo ha svuotato di significato le potenzialità dell’autonomia scolastica che poteva essere uno strumento per la valorizzazione individuale e territoriale grazie alla quale le scuole avrebbero dovuto diventare un centro culturale e polivalente nelle nostre città.
L’alternanza scuola-lavoro si è palesata come sfruttamento e subalternità alle necessità delle imprese che hanno saputo recepire l’occasione delle 200 e 400 ore obbligatorie, ma soprattutto, la possibilità di completare queste ore fuori dall’orario curriculare.
Insomma, la retorica col quale il Governo aveva provato a convincerci si è rilevata uno specchietto per le allodole, nascondendo una legge che, al netto di un anno di operosità, si è palesata per quello che è realmente: un enorme passo indietro per il diritto allo studio e la scuola pubblica.
Deleghe in bianco nella Legge 107. Daremo battaglia!
All’interno della legge 107 erano presenti nove deleghe in bianco, su cui il Governo sarà chiamato a legiferare totalmente da solo su temi da lui scelti. Se fino ad un anno fa il Governo millantava di aver dato luogo ad una riforma partecipata dai cittadini, nei fatti ha messo in scena l’ennesima dimostrazione del suo carattere autoritario, auto legittimandosi a decidere in completa autonomia come cambierà la scuola pubblica.
Ad ora è stata presentata la bozza di delega che andrà a modificare il sistema di valutazione, che prevede, tra le altre cose, un’ulteriore implementazione del modello INVALSI, e una riforma dell’esame di maturità che prevede l’inserimento dei percorsi di alternanza scuola lavoro al suo interno. Questo provvedimento va in direzione opposta rispetto alla nostra richiesta di una valutazione che non sia punitiva, ma aiuti il processo di miglioramento. È inoltre preoccupante l’assenza di consultazioni e dialoghi con le associazioni studentesche e con i sindacati nel processo di stesura di questa legge: processo antidemocratico ed autoritario che verrà verosimilmente seguito anche per la stesura delle altre analoghe leggi.
Oltre la retorica istituzionale: open the borders!
In questo contesto interno si sono inserite ulteriormente le conseguenze della situazione geopolitica mondiale. Prendiamo per assodato che l’evoluzione della situazione geopolitica che negli ultimi anni ha riguardato e riguarda i nostri fratelli transmediterranei ha portato il fenomeno migratorio non soltanto ad essere elemento predominante del dibattito pubblico nazionale, ma elemento strutturale dell’agire politico italiano ed europeo. Gli esempi sono chiari, in questi ultimi anni ci siamo trovati a dover rimettere in discussione (purtroppo in negativo) politiche europee sull’immigrazione già di per se scellerate che da anni erano consolidate nell’amministrazione internazionale, sempre più il dibattito politico a qualunque livello si incentra sulla “gestione” del fenomeno, lo stesso titanico governo di Angela Merkel in Germania proprio in queste settimane traballa ed è attaccato da quei movimenti di estrema destra nazionali ed europei che fanno della xenofobia il loro stendardo di battaglia.
La chiusura delle due frontiere settentrionali italiane (Ventimiglia e il Brennero), d’altra parte, non poteva che essere un fattore ulteriormente destabilizzante.La chiusura forzata delle uniche altre due vie di sbocco dall’Italia verso il Nord Europa, non poteva che sottintendere l’apertura e il rafforzamento di nuove e vecchie rotte. Così anche la Svizzera a Luglio ha deciso di seguire l’esempio dei suoi vicini transalpini e chiudere le frontiere. Qua entra in gioco Como e questo è il motivo per cui è necessario che il fenomeno che ha riguardato questa città negli ultimi mesi sia considerato un fenomeno strutturale e non passeggero: è sempre stato sotto i nostri occhi, ma fino a quel 13 Luglio, semplicemente nessuno l’aveva ancora visto, il passaggio c’è sempre stato, ma oggi le frontiere si sono chiuse.
E i dati ce lo confermano: la prima settimana di apertura del campo, altri 100 migranti sono stati deportati verso Taranto, si parla di oltre 200 migranti respinti ogni giorno dalla polizia di frontiera Svizzera. Già il terzo giorno di apertura del CAT governativo la struttura era satura, dei 300 posti disponibili 305 erano occupati.
Posto che l’unica soluzione al problema è garantire la libertà di circolazione a tutti, a prescindere dal luogo di provenienza, le istituzioni si sono dimostrate lente e inaffidabili nel garantire a tutti, una volta bloccati alla frontiera, una vita dignitosa e umana.
È evidente, quindi, quanto sia ingenuo e sciocco minimizzare il fenomeno, etichettandolo come “straordinario e passeggero”. Le istituzioni devono prendere coscienza della reale situazione e capire che essa si protrarrà fin tanto che le frontiere rimarranno chiuse. Tutte le famose “soluzioni istituzionali” messe in campo fino ad oggi altro non sono se non tappa buchi, progetti strutturati sul breve o brevissimo periodo senza la volontà di risolvere il problema.
L’emergenza continua, solo probabilmente non la vedremo più in televisione. L’emergenza continuerà fino a quando gli elementi strutturali che continuano a causare questa crisi, le politiche europee sull’immigrazione, smetteranno di esistere. L’emergenza continuerà fino a quando non saranno aperte le frontiere.
Aprire i confini, ora.
Per una democrazia radicale, è il NO ad essere costituente!
Il 4 dicembre, il popolo sarà chiamato ad esprimersi sulla riforma costituzionale tramite un referendum. I temi principali sono il superamento del bicameralismo paritario (che dovrebbe semplificare il procedimento legislativo e aumentare la stabilità dei governi, ma che nei fatti sacrifica la democraticità dell’iter parlamentare), la riduzione del numero dei parlamentari, e la regolamentazione ulteriore del rapporto fra stato e regioni. Con questa riforma, sarebbe più semplice per i governi e le maggioranze parlamentari approvare leggi; inoltre, il Governo centrale avrà la possibilità di occuparsi di tematiche di competenza regionale nel caso in cui si tratti di questioni di interesse nazionale. La riforma costituzionale è in linea con gli altri provvedimenti del governo Renzi, dal Jobs Act alla buona scuola: sono provvedimenti che vogliono aumentare ‘l’efficienza’ pagandola a scapito dei diritti. La riforma costituzionale, infatti, attacca la democrazia per garantire velocità e stabilità. Ma nella realtà dei fatti, i problemi che sono alla base dell’instabilità dei governi (fra cui il trasformismo), e della produzione legislativa di scarsa qualità non vengono risolti: ciò che la riforma costituzionale aumenta è semplicemente il potere del governo centrale, a discapito del parlamento e delle regioni.
Alcuni costituzionalisti riguardo alla riforma hanno commentato dicendo che non mette in pericolo la democrazia: se è vero che in caso di vittoria del Sì non si rischia uno stato dittatoriale, lo è altrettanto il fatto che, accoppiata alla legge elettorale Italicum, la democrazia di massa e la partecipazione popolare nel mondo istituzionale crolla. Perché se da un lato in alcuni casi il quorum per i referendum può essere abbassato, dall’altro le firme richieste sono molte di più e pure quelle necessarie per le leggi di iniziativa popolare aumentano.
Per mesi abbiamo sentito parlare di abolizione del senato, ma non era nient’altro che distorsioni della verità: non è affatto abolito, anzi, l’unica cosa che viene abolita è il nostro diritto di votarlo. Non sorprende quindi che la disaffezione verso la politica è sempre maggiore.
Questa riforma costituzionale segue la stessa linea della Buona scuola, dell’Italicum, del Jobs Act: l’eliminazione degli spazi di democrazia dal basso, a favore di un accentramento dei poteri decisionali nelle mani di pochi, per di più soliti noti.
Welfare studentesco e diritto allo studio
La crisi economica che sembra aver catturato il nostro paese nell’ultima decade, sommata ad una classe dirigente sempre più sorda alle necessità degli studenti e delle studentesse, ha persistito alla drammatica condizione di assenza ad una legge che tuteli il diritto allo studio, così come ha ignorato le necessità di studenti e famiglie che grazie a delle riforme costantemente più precarizzanti – come ad esempio il Job Acts – si trovano a far fronte a spese sempre più elevate senza la possibilità di adempierle, ponendo l’istruzione non più come un diritto ma come un beneficio per pochi. Welfare e politiche sociali hanno visto in questi anni una drastica e crescente riduzione della spesa pubblica.
Non aiuta il caro-libro che, ancora una volta, rappresenta una valico insormontabile per quelle famiglie e per quegli studenti che si trovano in una condizione di difficoltà economica, ponendosi come ulteriore distanza ad un’istruzione gratuita e accessibile a tutti.
Si presenta indispensabile un ingente investimento di risorse tali da favorire l’emancipazione dell’individuo dalla propria famiglia e aiutarne l’autodeterminazione nella vita quotidiana. Tutto ciò è strettamente collegato ai bisogni primari sociali, come ad esempio servizi di trasporti pubblici funzionanti e economicamente alla portata di tutti, l’accesso gratuito alla cultura e il diritto all’abitare. Si rende essenziale, inoltre, la concretizzazione di una forma di reddito per i soggetti in formazione trasversale, la quale deve andare a finanziare un sistema di borse di studio e di servizi, proponiamo quindi di istituire un fondo nazionale che finanzi un sistema integrato di –come già detto in precedenza- borse di studio e servizi sul territorio favorendo l’accesso al sapere e l’autonomia dei soggetti in formazione tramite un reddito diretto.
Chiediamo anche la formazione di una carta di cittadinanza studentesca che permetta di usufruire di sconti su prodotti o attività culturali necessari all’arricchimento personale dei soggetti in formazione. Rimane necessario anche un piano di agevolazioni sulla mobilità, sequenziale per fasce di reddito ma comunque accessibile a tutti dal livello nazionale fino ad arrivare alla mobilità locale. E’ essenziale inoltre notare l’importanza di una rete fitta di servizi sul territorio poiché essa favorisce l’immagine di un welfare municipalizzato e vicino all’esigenza degli studenti medi, servizi che possono essere ad esempio luoghi di aggregazione, dentro e fuori dall’istituto scolastico.
Dai diritti negati ai nuovi diritti, per una vera Students’ (R)Evolution!
Come Unione degli Studenti ormai da anni ormai ci battiamo per un maggiore protagonismo studentesco all’interno delle scuole e per la tutela e l’ampliamento dei diritti sanciti dallo statuto degli studenti e studentesse del 1998.
Le nostre scuole nel corso degli anni, dopo le riforme Moratti, Gelmini, la tentata riforma Aprea ed infine la Buona Scuola, gli organi di rappresentanza ,che già non erano perfetti e paritetici fra le componenti, sono stati sviliti di molti poteri e compiti che sono stati accentrati nelle mani del preside o del collegio docenti che come il comitato studentesco dovrebbe avere solo il compito di essere un organo consultivo e non decisionale come invece dovrebbe essere il consiglio d’istituto.
Ad esempio molto spesso capita, a causa della non pariteticità delle componenti del consiglio d’istituto o dell’autoritarismo del preside, che le decisioni prese non corrispondano ai nostri bisogni e alle nostre richieste così di conseguenza creano malcontento e proteste all’interno della popolazione studentesca che vengono molto spesso represse con minacce e fatti che vanno contro i diritti sanciti dallo statuto degli studenti e studentesse.
Crediamo che la scuola debba essere un’istituzione democratica, partecipata e cogestita da tutte le componenti nel reciproco rispetto e parità come appunto sancisce benissimo il nostro statuto ma che molte volte viene messo da parte o interpretato a piacimento del docente o del preside.
Per questo come Unione degli Studenti abbiamo deciso di lanciare a livello nazionale la consultazione studentesca STIAMO DIRITTI, “STUDENT’S (R)EVOLUTION” per riscrivere dal basso insieme un nuovo statuto degli studenti e studentesse. Uno Statuto a misura di ogni singolo studente e con il quale presidi e docenti non possano giocarci interpretandolo a propria maniera per non tutelare un nostro diritto.
Nella nostra Regione, in ogni città e in ogni scuola siamo pronti a difendere e tutelare i diritti degli studenti con sportelli appositi nella quale dare ognuno la sua opione e partecipare alla consultazione: costruiamo assieme un processo dal basso, per scrivere un nuovo importantissimo pezzo di storia studentesca!
Diritto allo studio regionale: basta discriminazioni!
Il diritto allo studio lombardo viene annualmente finanziato dalla Dote Scuola, è il contributo economico che la Regione Lombardia eroga a favore degli studenti di scuole statali e paritarie che rientrano in determinate categorie (legate al merito scolastico o a soglie di reddito). Essa ha l’obiettivo su ambito regionale di garantire la frequenza scolastica degli studenti meno abbienti e di premiare i più meritevoli.
La Dote Scuola nel particolare consiste in:
- Contributi per l’acquisto di strumenti tecnologici e libri di testo
- Buono scuola, che è un incentivo che riguarda gli studenti di scuole paritarie appartenenti ad ogni ordine e di tutti i gradi
- Dote scuola buoni virtuali per Istituti di formazione professionale, che sono voucher emessi a favore dei giovani iscritti a percorsi di formazione professionale, riconosciuti dalla Regione Lombardia
- Dote scuola disabili, che sono contributi specifici per gli studenti affetti da disabilità di istituti paritari primari, secondari di primo e secondo grado.
- Dote scuola merito per gli studenti che hanno ottenuto risultati particolarmente prestigiosi
Se sul piano teorico lo scopo è quello di garantire a tutti l’accesso all’istruzione, nei fatto il sistema Dote Scuola è fra i sistemi di finanziamento pubblici più discriminanti d’Italia: Infatti su 42 milioni totali, solo 12 milioni di euro sono stati stanziati sia per gli studenti delle statali che delle paritarie, il restante va solo a chi frequenta queste ultime.
Una distribuzione di questo genere appare immediatamente ingiusta in quanto prima di garantire il diritto all’istruzione per tutti si garantisce la possibilità di scegliere le scuole private. Per garantire realmente il diritto allo studio in Lombardia è necessario be altro, soprattutto nelle scuole pubbliche, che vivono in condizioni netamente più disagiate delle scuole aritarie. In una regione come la nostra che ha un tasso di dispersione scolastica circa del 19%, ovvero superiore alla media nazionale del 13%, è fondamentale lottare affinchè si modifichi questo scempio. Partendo dal presupposto che i fondi dovrebbero essere garantiti in primis alle scuole pubbliche, tante sono le cose che si potrebbero migliorare:
Prima di tutto un piano di diritto allo studio che preveda anche un adeguamento alle esigenze degli studenti del trasporto pubblico locale. Sia per quanto riguarda le tratte troppo spesso carenti sia per quanto riguarda il costo, troppo elevato per molti studenti, soprattutto per le famiglie con più di un figlio che magari sono costrette ad indirizzare la scelta dell’istituto superiore verso le scuole più vicine a discapito di una scelta del percorso scolastico davvero libera.
Un altro nodo importante della dote scuola è la garanzia di sostegno per gli studenti meno abbienti delle scuole pubbliche solo fino la seconda superiore, uno studente non smette di aver bisogno di aiuto solo perchè passata una certa soglia d’età, questo sicuramente è una causa importante dell’alto tasso di abbandono scolastico. Per le scuole paritarie, invece, i fondi continuano ad essere erogati senza il limite di età imposto alle scuole pubbliche.
Altro capitolo discutibile è quello dei contribute per ragazzi disabili, i quali vengono stanziati solo alle scuole paritarie. Questo non dà loro la possibilità di scelta, risultando una scelta esclusiva e che priva la scuola pubblica del ruolo di istituzione aperta a tutti e luogo di crescita anche attraverso le diversità.
Per questo e per molto altro ancora chiediamo un cambiamento, per una scuola pubblica inclusiva, aperta a tutti, perchè la possibilità di frequentarla sia un diritto per tutti gli studenti Lombardi.
Contro una regione discriminante: l’istruzione come unica soluzione alla paura di chi è diverso!
A completare le politiche discriminanti della regione si è aggiunto da Settembre il famigerato Telefono Antigender, dove si potranno segnalare eventuali casi di diffusione della fantomatica teoria “gender” tanto cara alle destre e al mondo cattolico capeggiato da Lega e CL, che allarmati dal passaggio della legge sulle unioni civili in parlamento ha subito dovuto studiare una contromossa elettorale dove si propaganda una teoria inesistente negata in qualsiasi luogo del sapere. Per Maroni i diritti civili non rappresentano nient’altro che un modo per fare “propaganda omosessuale” con l’unico obiettivo di deviare le giovani mente lombarde e convertirle all’ omosessualità e alla inammissibile quanto anti tradizionale parità di genere.
Per avviare lo sportello sono stati stanziati 30.000 euro di fondi pubblici per un’associazione di genitori cattolici – AGI – che rivendica il “brevetto “ della teoria.
Non possiamo rimanere in silenzio davanti a questa presa di posizione da parte della regione; la nostra strada è e deve essere quella della denuncia per chiedere a gran voce l’eliminazione del centralino aggregando la maggior parte di associazione lombarde possibili contro questa causa comune. Rivendichiamo inoltre una scuola che insegni e parli delle questioni LGBT e di genere, per sconfiggere la paura del diverso e imparare a conoscerci.